10 November 2024

Franco Bricola

Giorgio Marinucci: ricordo di Franco Bricola
da: “Il diritto penale alla svolta di fine millennio” – Atti del convegno in ricordo di Franco Bricola ( Bologna 18 – 20 maggio 1995) a cura di Stefano Canestrari, G.Giappichelli, editore, Torino 1998.

1. Siamo convenuti – colleghi italiani, della Germania, della Spagna, del Portogallo – per celebrare con il nostro contributo di pensiero e di discussione l’opera di Franco Bricola, maestro grande e completo delle scienze penalistiche, e amico di una vita.L’articolazione in quattro tavole rotonde del convegno, organizzato con sapienza e affetto dagli allievi, ha voluto rispecchiare la varietà dei temi affronta ti da Bricola in trentacinque anni di lavoro.In realtà, la sua produzione ha un arco tematico assai più ampio. Spazia da alcuni capitoli centrali della parte generale del diritto penale, all’intera teoria generale del reato; dai rapporti tra dog matica e politica criminale, ai nessi tra diritto e processo penale; dall’evolversi del sistema sanzionatorio riservato alle persone fisiche, all’individuazione di sanzioni per le persone giuridiche; dai più disparati capitoli della parte speciale collocati dentro il codice, ai settori più vitali e moderni della legislazione penale complementare; dai problemi della riforma di singoli settori dell’ordinamento, ai problemi di fondo di ogni pensabile riforma del diritto penale italiano.

Posto di fronte a un’opera tanto vasta, il compito bello e difficile che mi compete è di presentarla in un quadro d’insieme. Un compito indicibilmente bello. Rivedere i singoli lavori di Bricola, ricollocandoli nell’insieme della sua produzione, è stato fonte di continuo stupore – per il respiro, la profondità, la capacità ricostruttiva, la concretezza, il rigore, l’intuito, la fantasia sbrigliata con cui ho visto trattare da Bricola i temi più disparati.

È stata una rilettura fonte anche di godimento – per aver rivissuto l’inesauri bile fecondità di quella produzione.

Una fecondità che ha generato fecondità ne gli altri: quanti i dibattiti; quante le prese di posizione alle quali siamo stati sti molati, obbligati dai contributi di Bricola.

E questo convegno – onorato dalla presenza di tanti studiosi di alto rango provenienti da tanti Paesi – ne è solo un esempio: sta a mostrare che la fecondità, la risonanza della complessiva produzione di Bricola si è di spiegata in profondità nella comunità scientifica italiana, ma andando ben oltre i suoi confini.

La presenza di tanti autorevoli conoscitori dell’opera di Bricola mi autorizza, anzi, ad adempiere al mio compito, invitandoli a rivedere con me alcune tra le opere più significative della sua produzione, la cui rilettura mi ha ricatturato, provocando un piacere che vorrei condividere con chi mi ascolta.2. Volgendo lo sguardo agli scritti di teoria generale del reato, l’attenzione è subito attratta dalla monografia Dolus in re ipsa, che Bricola scrisse ne11960, agli inizi della sua attività scientifica.

Colpisce la straordinaria attualità di quest’opera prima. Vi si trovano rispo ste equilibrate, ma ferme, a una delle tendenze più allarmanti del diritto penale contemporaneo: la tendenza a cambiar forma, per alleviare alla pubblica accusa il peso di provare la presenza dei più disparati elementi del reato.

Spesso è lo stesso legislatore ad assecondare questa tendenza, creando ogni sorta di fattispecie di ripiego: reati di pericolo – sempre più spesso di pericolo astratto – al posto di reati di danno; e un numero crescente di reati colposi, al posto e a fianco dei reati dolosi.

Quando poi il legislatore non interviene, sono la dottrina e la giurisprudenza a maneggiare la dogmatica come strumento di politica criminale al servizio di una repressione libera da impacci.

A farne le spese è soprattutto il dolo, svuotato nella struttura, nell’oggetto, nei criteri di accertamento.

E nell’opera di Bricola si trovano altrettanti “no” motivati a quell’insieme di svuotamenti: no all’errore di metodo di chi ricostruisce il concetto di dolo scegliendo, come prototipo, la sua forma marginale: il dolo eventuale; no alla mutilazione del momento volitivo, che rende il dolo indistinguibile dalla colpa cosciente; no al normativismo della scuola di Kelsen – più radicale ma tanto più lucida degli odierni normativisti – che al posto dei reali processi psicologici colloca esangui imputa zioni; no, soprattutto, alle tendenze giurisprudenziali e dottrinali a svincolare l’accertamento del dolo dal singolo caso concreto e dal singolo agente, ricorrendo a generalizzazioni e presunzioni che finiscono col sostituire il dolo con la colpa, equiparando le effettive rappresentazioni del singolo agente, a ciò che «poteva» e «doveva» sapere questo o quell’astratto homunculus ideale.

Naturalmente, Bricola è ben consapevole dei rapporti di interdipendenza tra diritto penale e processo penale. Lo è sempre stato. Nel 1960, nel Dolus in re ipsa, osserva quei rapporti dall’angolo visuale del diritto penale, e caldeggia un diritto penale praticabile, aperto ai problemi probatori, ma non piegato e stravolto dai problemi probatori. Nel 1991, scrivendo il suo contributo in memoria del maestro Pietro Nuvolone (Riforma del processo penale e profili di diritto penale sostanziale), Bricola rovescia il punto di osservazione: analizza le profonde ripercussioni del nuovo processo penale su un diritto penale sostanziale vecchio, e da riformare. Ma nel 1960 come ne1 1991, qualunque sia il punto d’osservazione, Bricola pensa e guarda da penalista completo, che sa padroneggiare e sa cogliere nessi, come interprete e come politico del diritto, fra le scienze penalistiche nel loro intricato insieme.

3. Molti altri sono i lavori di ampio respiro dedicati da Bricola a temi di parte generale: lavori dai quali scaturisce, a decenni di distanza, un’inesauribile vena di progresso scientifico.

È già il caso della seconda monografia, apparsa ne1 1961, appena un anno dopo la prima.

Sotto il titolo Fatto del non imputabile e pericolosità, Bricola affronta il tema dei presupposti delle misure di sicurezza riservate a talune categorie di soggetti non imputabili socialmente pericolosi. Le conclusioni cui ap proda Bricola possono non essere condivise da chi le ritenga in contrasto con le scelte compiute dal legislatore italiano, giudicandole diverse da quelle compiute da legislatori di altri Paesi. Tuttavia, la grande finezza scientifica e la sensibilità politico-criminale con cui Bricola esamina una serie di problemi cruciali (come l’errore non condizionato da infermità o immaturità, l’errore condizio nato da infermità assoluta, i casi di automatismo psichico, la rilevanza delle cause di non punibilità) rendono questo lavoro punto di riferimento obbligato, ancora oggi, per chiunque tenti di accostarsi a un tema tanto impervio.

4. Ma il capolavoro di Franco Bricola teorico delle dottrine generali del diritto penale, e in assoluto il suo capolavoro, è la fondamentale Teoria generale del reato, pubblicata ne1 1973.

Con questa opera, che ha segnato un passaggio d’epoca, la dimensione politica del diritto penale è entrata – con la forza vincolante dei precetti costituzionali – dentro tutti i discorsi scientifici dei penalisti.

Sulle solide basi della legge fondamentale Bricola ha innanzitutto edificato la struttura formale del reato, come «offesa colpevole» ai beni giuridici, e ne ha tratto esplicitamente i principali corollari: i delitti di attentato, i reati a dolo specifico, i reati di pericolo presunto possono armonizzare con la Costituzione solo se ricostruiti come reati di pericolo concreto; d’altra parte, la rilevanza costituzionale del principio di colpevolezza esige almeno la colpa, condannando all’illegittimità le ipotesi di responsabilità oggettiva, ed esige almeno la ragionevole possibilità di conoscere la norma penale violata, imponendo una rilettura in questo senso dell’art. 5 c.p.

La Costituzione è però anche una tavola di valori, che delimitano contenutisticamente, secondo Bricola, le scelte del legislatore. Tutelabili penalmente possono essere non tutti i beni individuali o collettivi, ma solo i beni costituzionalmente rilevanti: gli unici beni la cui salvaguardia può bilanciare il sacrificio della libertà personale (uno dei massimi valori costituzionali), che ancora oggi consegue – direttamente o indirettamente – ad ogni tipo di pena.

Infine, la Costituzione è anche, e soprattutto, il luogo in cui si individuano i poteri dello Stato, il loro rango, le loro attribuzioni. È proprio qui – nella forma dello Stato – che si incarnano le basilari scelte politiche che fondano il patto costituzionale. E Bricola valorizza la dimensione politica del diritto penale, riservando la produzione delle norme incriminatrici al potere dello Stato politicamente più rappresentativo: al Parlamento.

Solo agli atti normativi provenienti in via esclusiva dal Parlamento si riferisce – può riferirsi – la riserva di legge, che, se è assoluta, non può non tagliar fuori sia le intrusioni del potere esecutivo, anche nella forma del decreto legislativo e del decreto legge, sia gli occulti interventi creativi del potere giudiziario, favoriti da norme incriminatrici sprovviste della necessaria precisione e determinatezza. Un duplice «tagliar fuori», che Bricola aveva già delineato nella monografia de1 1965, intitolata programmaticamente: La discrezionalità del diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, e che poi ribadirà ne1 1981, illustrando per il Commentario Branca-Pizzorusso il secondo e il terzo comma dell’art. 25 Cost.

Chi ha avuto la pazienza di ascoltarmi sa quali parti di questa imponente ricostruzione del diritto penale su basi costituzionali abbiano incontrato riserve, e quali, invece, abbiano messo radici profonde nella scienza penalistica italiana, producendo frutti anche impensati. È stato del resto lo stesso Bricola, che nel 1981, scrivendo un ampio saggio sui Rapporti tra dogmatica e politica criminale, ha tracciato un lucido bilancio dei tanti sviluppi che hanno avuto le sue tesi. Profonde sono state, d’altra parte, le ripercussioni di quelle tesi anche nel tessuto del nostro ordinamento. Per documentarlo, consentitemi di ripetere quanto Dolcini ed io abbiamo potuto constatare di recente, analizzando le decisioni della Corte Costituzionale nella materia penale: «decisioni sempre più frequenti, sempre più penetranti, plasmatrici, anche nei dettagli, di quel “volto costituzionale del diritto penale”, tratteggiato con ammirevole preveggenza, più di vent’anni fa, da Franco Bricola».

5. Franco Bricola non conosce la fatica del concetto: non c’è argomento e problema, per quanto nuovo e mai arato, che egli non sappia affrontare con inesauribile ricchezza di spunti. La Sua è una gaia scienza. Anche se gli arridono successi nel mondo accademico, e da ultimo nella professione forense, nulla può imporgli una sosta al piacere di una rinnovata ricerca. Così si spiega, anche se continua a destare ammirato stupore, la multiforme produzione di Bricola in tutte le altre direzioni dell’investigazione penalistica.

6. Tra gli studi di «parte speciale» eccellono i tanti saggi dedicati ai più disparati temi del diritto penale dell’economia. Bricola è anzi tra i maestri del diritto penale dell’economia; la tavola rotonda ad hoc, programmata dagli orga nizzatori del convegno, ne è solo il suggello visibile a tutti.

Già nel lontano 1965, Bricola affrontava un tema oggi divenuto urgente, scri vendo sui Profili penali della pubblicità commerciale.

Tra il 1984 e il 1992, di pari passo con il veloce evolversi dei mercati finanziari, e la correlativa crescita di una disciplina penale vitalissima ma disorganica e frastagliata, Bricola prende via via posizione, gettando luce sui problemi della tutela indiretta del risparmio, dell’accesso ai mercati, del funzionamento delle autorità pubbliche di controllo, della trasparenza e dell’informazione Societaria.

Nello stesso arco di tempo, Bricola si occupa del Cuore dell’attività economica – l’impresa – scrivendo nel 1985 su Lo statuto dell’impresa: profili generali costituzionali e nel 1990 su Lo statuto penale dell’impresa: profili costituzionali. Il filo rosso che cuce le sue indagini è ancora e sempre la Costituzione, fondamento e limite dell’intervento penale anche nella materia economica. Nessuna furia repressiva; Bricola però non ignora che la criminalità d’impresa, come espressione della «politica d’impresa», è un fenomeno imponente, che esige tipi di sanzioni e criteri di imputazione modellati e rivolti direttamente all’impresa. Oggi si tratta di un problema dappertutto all’ordine del giorno.

Dopo la recente introduzione della responsabilità penale delle persone giuridiche anche in Paesi, come Portogallo e Francia, in passato lontanissimi dall’infrangere un antico tabù; dopo la raccomandazione n. 18 del 1988 da parte del Consiglio di Europa sulle sanzioni applicabili alle imprese, anche in Italia diventa urgente una discussione su un tema difficile, ma non più eludibile. Una discussione che Bricola, con la consueta lungimiranza, aprì sin dal 1971, scrivendo su Il costo del principio societas delinquere non potest nell’attuale dimensione del fenomeno societario; e che riprese ne11978, nello scritto Responsabilità penale per il tipo e per il modo di produzione. La discussione dovrà continuare, naturalmente su basi più aggiornate; ma le riflessioni e le proposte di Bricola resteranno un passag gio obbligato per ogni soluzione meditata.

7. La fecondità di Bricola, studioso della parte speciale, si è manifestata anche sul versante dei delitti contro la Pubblica Amministrazione. Anche in questo campo di materia, Bricola ha lo sguardo rivolto ai profili costituzionali, soprattutto per ricostruire su nuove basi il catalogo dei beni giuridici: esemplari, in questo senso, la prolusione sassarese de1 1968, ancora viva nella mia memoria, su La tutela penale della Pubblica Amministrazione: principi costituzionali. Ma la trama delle indagini di Bricola è fitta di indicazioni sotto molti altri profili. Penso all’importante Voce Interesse privato in atti d’ufficio, de1 1972, e al contributo del 1982 su Sovvenzioni all’industria e diritto penale: vi è un’abbondanza di riflessioni e spunti, che Bricola mette oggi a disposizione dei tanti che avvertono l’urgente bisogno di «riformare la riforma» dei delitti contro la Pubblica Amministrazione.

8. Bricola si è autodefinito illuminista. È una immagine calzante, solo però se non si perdono di vista i due lati dell’illuminismo, soprattutto sul terreno penale.

Illuminismo vuol dire, in primo luogo, garanzia dagli arbitrii, apposizione di limiti stringenti alla potestà punitiva. Sotto questo profilo, Bricola è illuminista per eccellenza. Già lo mostra il suo «volto costituzionale» dell’illecito penale. E ne danno conferma i suoi tanti lavori dedicati al sistema sanzionatorio: esemplare la lotta senza cedimenti contro l’illiberale frode delle etichette consumata dalle misure di prevenzione ante delictum, e la denuncia, negli anni del terrorismo, della tendenza a trasformare la politica del «diritto penale» in politica dell’«ordine pubblico».

Illuminismo vuol dire, però, anche riforma dell’esistente: progettazione di un nuovo diritto penale caratterizzato dalla costante ricerca di alternative alla pena detentiva, e dal ricorso alla pena – ad ogni pena – solo come extrema ratio. Anche sotto questo profilo Bricola è illuminista. Non lo abbandona mai un sano scetticismo; non perde mai la cattiva coscienza che deve avere ogni buon penalista, come indicano gli stessi titoli di alcuni suoi contributi (L ‘affidamento in prova al servizio sociale: «fiore all’occhiello» della riforma penitenziaria; La depenalizzazione nella legge 28 novembre 1981: una svolta «reale» nella politica criminaIe?). Tuttavia, Bricola mai tralascia la ricerca sia di un diritto penale più umano, sia di alternative alla pena. Mai. Lo testimonia anche l’ultimo suo scritto in materia di sanzioni, de1 1985: con le armi del grande comparatista che è sempre stato, Bricola osserva La riscoperta delle pene private nell’ottica del penalista, e si interroga con disincanto, ma senza pregiudiziali, sugli spazi che la pena può cedere alla sanzione civile.

9. Questa mai sopita vocazione progettuale di Bricola, che tra l’altro lo ha portato a partecipare alla redazione del «progetto di riforma del codice penale» del 1992, è all’origine, se non m’inganno, della rottura di una vicenda culturale che aveva visto Bricola promotore, assieme a Baratta, di una lunga ricerca sul movimento della difesa sociale in Italia e, soprattutto, della non breve vita della rivista La questione criminale.

Furono, in ogni caso, anni di straordinaria fecondità, di felice osmosi, di continue reciproche contaminazioni, di dibattiti appassionati, sino agli ultimi numeri della rivista: quando non pochi penalisti italiani, sotto la direzione di Bettiol e Nuvolone, rifletterono pubblicamente sul Codice Rocco cinquant’anni dopo. Nel crogiuolo di quell’incontro e scontro fra anime culturali diverse si formò e si sviluppò una scuola di giovani studiosi. A quei giovani Bricola seppe dare quel che ha sempre dato ai molti giovani, che da tante parti lo hanno cercato, e hanno dialogato con lui: Bricola a tutti offriva stimoli alla ricerca, capacità di ascolto, vivo e sincero interesse, e sempre con i tratti di una ineguagliabile affa bilità e modestia.

Quei giovani studiosi di Bologna crebbero accademicamente: oggi sono i suoi tanti allievi disseminati fra tante Università come docenti già illustri; e per quanto si allontanassero dalle sue idee, e momentaneamente l’un dall’altro e fra loro tuttavia il Maestro ha sempre avuto la capacità di stringerli tutti a sé e fra loro in una durevole comunità personale: la scuola di Bricola, la scuola di Bologna.

10. Prima di Bologna, dove giunse ne1 1967, e rimase sempre salvo una breve parentesi romana, Bricola insegnò a Sassari come giovanissimo professore straordinario, dopo aver vinto il concorso del 1964. Prima di Sassari, Bricola aveva lavorato lungamente a Pavia, sotto la guida del suo grande maestro Pietro Nuvolone. Ma dovunque Bricola si sia recato – come docente e nei molti incontri e convegni che lo hanno visto protagonista – sempre ha avuto rapporti di colleganza improntati a quella sua naturale modestia, mai abbandonata anche negli anni in cui cresceva e spiccava, agli occhi di tutti, la sua non comune statura di studioso.

* * *

Illustri colleghi, cari amici, con questa mia relazione ho inteso rendere omaggio a un grande penalista, a un Maestro. Fra breve a questo omaggio seguirà l’omaggio ben più degno ed elevato, che verrà tributato a Bricola da Hans Heinrich Jescheck, maestro indiscusso delle scienze penalistiche europee che Bricola, per primo, considerò tra i suoi maestri, stringendo tra Friburgo e Bologna un rapporto culturale mai interrotto.

Ai nostri omaggi si uniranno, durante il Convegno, i vostri contributi di discussione e di riflessione. Idealmente, li avremmo voluti consegnare tutti assieme di persona a Franco Bricola, come contributi in suo onore, al termine di un’operosa vita scientifica che ci auguravamo sarebbe stata tanto più lunga. Ora, invece, ci resta solo il rimpianto per l’apporto di sapere, i tanti stimoli, le tante illuminazioni, che Bricola avrebbe continuato a donare alla scienza penalistica – se un anno fa non lo avesse raggiunto improvvisamente la morte. Non posso dar voce ai tanti ricordi personali, al dolore della perdita dell’amico di una vita, un dolore reso più acuto negli ultimi tempi, a mano a mano che mi piegavo sui suoi mirabili scritti.

Nel prendere congedo da voi, consentitemi solo di rivolgere un saluto affettuoso alla moglie Marina, e a Marco e Nicola che hanno avuto e perso il bene dell’amore e della saggezza di un uomo caro, modesto, grande.

(*) tratto da “ Il diritto penale alla svolta di fine millennio” – Atti del convegno in ricordo di Franco Bricola ( Bologna 18 –20 maggio 1995), a cura di Stefano Canestrari, G.Giappichelli, editore, Torino 1998.

 

Franco Bricola: biografia

dalla “Raccolta degli scritti di diritto penale del Prof. Franco Bricola” –
Casa editrice A. Giuffrè

Franco Bricola nasce il 19 settembre 1934 a Novi Ligure, in provincia di Alessandria.
In data 26 ottobre 1957 si laurea con lode in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia, discutendo una dissertazione sui rapporti fra illecito penale ed illecito civile, Relatore il prof. Pietro Nuvolone.
E’ assistente volontario presso la Cattedra di diritto penale dell’Università di Pavia dal 1° dicembre 1957 al 31 ottobre 1961; poi assistente straordinario fino al 31 ottobre 1962.
Nel corso di questi anni frequenta il «Max-Planck-Institut fùr auslàndisches und internationales Strafrecht» di Freiburg im Breisgau, diretto dal prof. Hans-Heinrich Jescheck, e pubblica le monografie «Dolus in re ipsa» (1960) e «Fatto del non imputabile e pericolosità» (1961).E’ abilitato alla Libera Docenza in Diritto penale il 19 maggio 1962.Negli anni accademici 1962/63, 1963/64 e 1964/65 è Professore incaricato dell’insegnamento di procedura penale, sempre presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo pavese. Pubblica l’opera monografica dal titolo «La discrezionalità nel diritto penale» (1965).Dal 15 dicembre 1964 al 31 novembre 1966 è Professore straordinario di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Sassari.
Nell’anno accademico 1966/67 viene chiamato a ricoprire l’insegnamento di diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna, dove si trasferisce dal 1° gennaio 1967.E’ nominato Professore ordinario di Diritto penale il 15 dicembre 1967.
Oltre ad essere titolare della Cattedra di Diritto penale dell’Ateneo bolognese, dall’anno accademico 1967/68 al 1970/71 è incaricato del corso di Diritto costituzionale, e successivamente del corso di Diritto pubblico comparato; in seguito viene incarico dell’insegnamento di Istituzioni di diritto penale e poi di Diritto penale commerciale.
In questo periodo inizia a dedicarsi anche alla libera professione, iscrivendosi all’Albo degli Avvocati e Procuratori di Bologna. Nel 1975, insieme al prof. Alessandro Baratta dell’Università di Saarbrucken, fonda la rivista «La questione criminale», della quale assume la direzione fino alla data di cessazione del 1981. In questi anni ricopre l’incarico di Direttore dell’Istituto Giuridico «Antonio Cicu», ed in seguito dell’Istituto di Applicazione Forense «Enrico Redenti».

Negli anni accademici 1984/85, 1985/86 e 1986/87 viene chiamato a Roma, come titolare della Cattedra di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi «La Sapienza».

Dall’anno accademico 1987/88 ritorna presso l’Ateneo bolognese, quale titolare della Cattedra di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza, assumendo altresì l’incarico del corso di Diritto penale commerciale. Nell’anno 1988 viene chiamato dal Ministro di Grazia e Giustizia, prof. Giuliano Vassalli, a far parte della Commissione per l’emanazione di un nuovo Codice penale.

Improvvisamente e prematuramente si spegne a Parigi il 29 maggio 1994.

La figura di Bricola avvocato penalista non è meno prestigiosa di quella di studioso. Gli si riconoscono spiccate doti forensi: il rigore scientifico si unisce ad una logica stringente, trasfusa in una oratoria asciutta ed essenziale, di stampo delitaliano, che costituisce ancora un esemplare punto di riferimento della moderna tecnica del penalista.

Pur non rifiutando di misurarsi con il diritto penale classico e con le difese avanti la Corte di Assise (si rammenti la sua difesa nel caso patavino dell’imputato Maso), si occupa particolarmente di diritto penale economico partecipando ai più importanti processi a livello nazionale: basti citare – tra i tanti – la difesa degli enti territoriali nel processo per il disastro di Stava e della parte civile nel processo del Banco Ambrosiano.

tratto dalla “Raccolta degli scritti di diritto penale del Prof. Franco Bricola” – casa editrice A. Giuffrè